Il Tribunale di Bergamo ha ammesso alla liquidazione del patrimonio, una delle procedure previste dalla legge n. 3/2012, due “sovraindebitati”: si tratta di un rappresentante e della moglie, che negli anni, a causa della crisi e della conseguente riduzione di fatturato, avevano accumulato circa 290.000 euro di debiti, soprattutto con le banche.
La drastica diminuzione delle entrate, appena sufficienti per vivere, avevano infatti reso del tutto impossibile il pagamento dei debiti stipulati in precedenza; esaurite tutte le risorse personali e familiari, i debitori avevano una sola possibilità per uscire da una situazione apparentemente irrisolvibile: accedere ad una delle procedure previste dalla “legge anti-suicidi”.
In particolare è stata scelta la cosiddetta “liquidazione del patrimonio”, con la quale il debitore deve mettere a disposizione dei creditori tutti i suoi beni, pochi o tanti che siano, oltre a quella parte di reddito non necessaria al sostentamento del nucleo familiare, il tutto per la durata di 4 anni, con possibilità di ottenere la cancellazione dei debiti nella parte non pagata.
In questo caso la famiglia bergamasca ha rinunciato ad un immobile del valore di circa 82.000 euro (comunque gravato da un mutuo ipotecario di importo residuo ben superiore) e ad un veicolo usato del valore di circa 3.000 euro, per un totale di 85.000 euro, che corrisponde a circa il 30% dei debiti complessivi; il Tribunale ha invece stabilito che l’attuale reddito rimanga per intero ai debitori, in quanto necessario alla sopravvivenza.